Diversi autori si erano concentrati sulla composizione del secondo
vangelo: soprattutto Jean Radermakers, Benoît Standaert e Bastiaan van
Iersel. Il loro lavoro pionieristico meritava di essere ripreso, con una
metodologia più rigorosa, ormai ben rodata: l’analisi retorica
semitica.
La composizione di Marco si rivela di una meravigliosa regolarità, nel
dettaglio come nell’architettura globale. Due grandi sezioni comprendono
sette sequenze focalizzate su un grande discorso di Gesù: il discorso
dell’inizio al capitolo 4 e il discorso del compimento al capitolo 13.
Tra queste due sezioni, una terza sezione, ambientata fuori delle
frontiere di Israele, è composta intorno al discorso di Gesù sul
discepolo. Al centro di questo discorso centrale — e dunque al centro di
tutto il vangelo — risuona la duplice domanda: «A cosa servirebbe a un
uomo guadagnare il mondo intero e rovinare la sua vita? Che cosa
potrebbe dare un uomo in cambio della sua vita?» (8,36-37).
In modo sorprendente, dunque, il vangelo di Marco è focalizzato direttamente non su Gesù, ma sul suo discepolo. È ciò che ha ben intuito l’autore della finale lunga che chiude il libro: Gesù lascia totalmente il posto ai suoi discepoli per la proclamazione del Vangelo di Dio.